martedì 6 ottobre 2015

Livingstone, il coach della follia





DAL CAPITOLO 18 "TRAINING HELL"


La squadra, seduta attorno al cerchio di centro campo, sembra riunita come una tribù indiana. Per la prima volta, dopo una settimana, i ragazzi si guardano in faccia e percepiscono l’idea di gruppo. Con fare frenetico, Livingstone estrae diversi ritagli di giornale dalla sacca. Ne sceglie uno e comincia a leggere una parte evidenziata in giallo: «Per i Memphis Grizzlies, invece, si prospetta un’altra stagione fuori dai playoff e dalle zone alte delle classifiche.»
Ne sceglie un altro: «La squadra manca di grandi personalità ed è priva di elementi determinanti.»
«Uh, aspettate, questo è il migliore», dice spiegazzando la pagina di una rivista. «Soltanto un allenatore come Livingstone può costruire una squadra attorno ad una stella in declino, un centro privo di ogni esperienza ed un playmaker che non vede l’ora di fare le valigie e andarsene da Memphis.»
« Cosa ne pensate? È l’estratto di un’intervista a coach Mark Bittner, un mio ex compagno di college. Davvero un amico.»
Livingstone passeggia attorno al cerchio dei giocatori e li guarda tutti negli occhi. «L’analisi è impietosa ma corretta, non è così?»
Mostra l’articolo a tutti.
«Volete dargli ragione? Volete che sia Mark Bittner a profetizzare il nostro futuro? Cosa volete essere? Perché sta a noi decidere, a questo punto.»
Il coach si posiziona nel mezzo del cerchio. Siede a gambe incrociate. Li fissa.
«Certo, possiamo essere una squadra senza personalità, con stelle in declino, giocatori che se ne vogliono andare, e portare avanti la stagione giusto per finirla.»
Ha occhi da lupo affamato. Quasi inquietanti per l’energia che contengono.
«Oppure possiamo essere la sorpresa del campionato. Un gruppo di bastardi talmente affiatati da fare il culo alle favorite. Se ci state, se siete con me, questo articolo lo farei rimangiare per intero a chi ci dà per spacciati.» Si alza in piedi, prende il pezzo di giornale, lo fa in quattro pezzi e lo getta al centro del cerchio. I giocatori fremono. L’orgoglio si risveglia nei loro cuori.

«Ho portato un regalo per ciascuno di voi». Dal borsone estrae dei libretti con una copertina verde. Li fa girare in modo che ognuno abbia la sua copia.
«Visto che siete un branco di analfabeti che dal college non fa altro che giocare a basket, considerato che avete passato gli anni universitari senza prendere in mano un libro, un po’ di lettura non vi farà per niente male», dice sorridendo. Il libro, un’edizione tascabile, arriva anche a Giovanni, che legge autore e titolo: Erasmo da Rotterdam, Elogio della Follia.
«Come possiamo trasformare una squadra sottostimata da tutti in un team vincente? Su questo ho le idee ben chiare. Dobbiamo partire da due principi fondamentali. Il primo è che non arriveremo da nessuna parte se prima non saremo un gruppo che si muove verso la stessa direzione, con intenti comuni e grande affiatamento.»
«Secondo punto. Ci serve un briciolo di follia. Andate tutti a pagina 127. Francesino» - dice rivolgendosi a Jerry Vince - «ti dispiace leggere ad alta voce dal secondo capoverso? Alzatevi tutti in piedi, per cortesia.»
I ragazzi si alzano, mentre Jerry inizia a leggere con perfetta intonazione: «Sono due i principali ostacoli alla conoscenza delle cose: la vergogna che offusca l'animo e la paura che, alla vista del pericolo, distoglie dalle imprese. La follia libera da entrambe. Non vergognarsi mai e osare tutto: pochissimi sanno quale messi di vantaggi ne derivi.»
«Allora, qualcuno qui dentro ha paura?» esclama il coach.
«No», «Nossignore», «Non io» - rispondono a mezza voce.
«Diamine, non vi sento! Volete rispondere tutti in coro? C’è qualcuno qui che ha vergogna?»
«No!» risponde la squadra all’unisono.
«Siete pronti a mettere la follia nel vostro gioco?»
«Si!»
«Siete pronti a farvi il culo, per fare il culo a chi ci dà per morti?»
«Sì!» Il coro è sempre più forte è deciso.
«E allora cominciamo questo campionato all’insegna della follia! Uno, due, tre…»
«…Grizzlies!» - urlano i ragazzi inferociti.

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