sabato 31 ottobre 2015

ATTO DI FEDE

Il coach spiega al giovane talento come sarà la sua vita da giocatore professionista

 


Dal CAPITOLO 4 "SOTTO CONTRATTO"


Il coach riflette, lascia andare un sospiro. Poi inizia: «Ascolta. Lascia che ti spieghi come sarà la tua vita dopo che avrai deciso di mettere quella firma». Gio espira il fumo dai polmoni e ne ammira le volute. Poi sposta lo sguardo verso il coach.
«Non ci saranno sabati né domeniche perché tutti i giorni avrai allenamenti e partite. I tuoi amici andranno al pub a bere, tu sarai ad allenarti. I tuoi amici andranno al mare, tu sarai ad un torneo. I tuoi amici si tromberanno la ragazza, tu vedrai solo la retina del canestro. Non avrai ferie e non ci saranno altri pensieri che non siano la tua carriera. Da oggi la tua partita ed il tuo gioco coinvolgono altre persone che lavorano insieme a te e fanno affidamento sulle tue prestazioni. Sarai un giocatore di pallacanestro da quando ti sveglierai la mattina fino a quando andrai a dormire stremato alla sera, con tutti i muscoli indolenziti e la schiena rotta. Respirerai basket, mangerai basket e cagherai basket. Ogni tua azione sarà finalizzata al miglioramento delle tue prestazioni sportive. Ogni tuo pensiero, ogni tua priorità sarà assorbita dal lavoro. Un lavoro fuori dagli schemi. Non timbrerai un cartellino e non staccherai dal campo per dedicarti ad altro, nemmeno per un minuto. Avrai una missione, un obiettivo, uno scopo che assorbirà ogni fibra del tuo essere. Se non farai di tutto per migliorarti, se ti lascerai andare, se abbandonerai la sfida, sarai solo un perdente. Ci saranno giorni in cui darai il massimo e non ti muoverai di un millimetro. Pioveranno critiche, delusioni, frustrazioni, ci saranno partite, coppe e campionati persi all’ultimo tiro. Ti daranno del fallito centinaia di volte, ma nessuno potrà scalfirti finché crederai in te stesso. Questo significa essere un professionista. Metti una firma su quel contratto e sarai come un ragazzino che entra in seminario per farsi prete. Non accetterai solo un lavoro, ma una scelta di vita durissima.»
Giovanni ha già spento la sigaretta nel posacenere. Non vede l’ora di entrare, prendere la sua stilografica dorata e mettere una sigla sul suo futuro.


Come andrà la scalata di Gio al successo?

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giovedì 22 ottobre 2015


NBA WAGS CONTEST 

Regolamento Ufficiale

 

ovvero LE GIRLS DEI GIOCATORI NBA

Con chi si accompagna l'avvenente ragazza che si mostra nel post della settimana? Indovina e vinci il nuovo eBook di "NBA L'Ultimo Canestro", il primo romanzo italiano ambientato nella National Basket Association a stelle e strisce.



REGOLAMENTO

Ogni settimana, giorno e ora imprecisate, avrai la possibilità di partecipare al contest più piccante che riguarda la NBA, seguendo le piattaforme social di "NBA L'ultimo Canestro".


Su Facebook

1. Segui la pagina facebook di Nba Ultimo Canestro (www.facebook.com/nbaultimocanestro). 
2. Indovina il nome della ragazza nella fotografia e specifica la star NBA con la quale ha avuto una relazione di tipo sentimentale, più o meno duratura (dalla scappatella al matrimonio!) Per partecipare rispondi al post. Fra tutti coloro che avranno risposto correttamente, sarà scelto un vincitore.
N.B. : chi risponde per primo NON è automaticamente il vincitore. La scelta è a completa discrezione dell'organizzatore del contest ed è insindacabile.
3. Il nome del vincitore sarà comunicato nell'arco di due o tre giorni con un apposito post. L'interessato sarà anche contattato privatamente via messaggio.
4. Se il vincitore condividerà la foto della copertina di "NBA L'Ultimo Canestro" sul diario della sua pagina personale, e risponderà al messaggio privato fornendo il suo indirizzo e-mail, potrà scegliere se ricevere una copia dell'eBook in formato .pdf o .epub


Su Twitter

1. Segui i tweet dell'account Nba Ultimo Canestro (@FabioRapizza). 
2. Indovina il nome della ragazza nella fotografia e specifica la star NBA con la quale ha avuto una relazione di tipo sentimentale, più o meno duratura (dalla scappatella al matrimonio!). Per partecipare rispondi al tweet. Fra tutti coloro che avranno risposto correttamente, sarà scelto un vincitore.
N.B. : chi risponde per primo NON è automaticamente il vincitore. La scelta è a completa discrezione dell'organizzatore del contest ed è insindacabile.
3. Il nome del vincitore sarà comunicato nell'arco di due o tre giorni con un apposito tweet. L'interessato sarà anche contattato privatamente via messaggio.
4. Se il vincitore condividerà la foto della copertina di "NBA L'Ultimo Canestro" con un tweet sul proprio account, e risponderà al messaggio privato fornendo il suo indirizzo e-mail, potrà scegliere se ricevere una copia dell'eBook in formato .pdf o .epub

N.B. L'opera "NBA Ultimo Canestro" è coperta da diritti d'autore e non può essere diffusa, citata o riprodotta senza autorizzazione dell'autore o dell'agenzia di pubblicazione. 

per ogni informazione: nbaultimocanestro@gmail.com

Siete pronti? Le donne più belle della NBA stanno arrivando...



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sabato 17 ottobre 2015

Madison Square Garden


 

DAL CAPITOLO 10 "MADISON SQUARE GARDEN"


«DE-FENSE! DE-FENSE!»
Su diciottomila spettatori presenti, almeno la metà sta urlando a squarciagola per spronare la propria squadra a difendere duro sugli avversari. Gli altri addentano un hot dog, oppure tracannano birra dai bicchieroni da un litro.
         «DE-FENSE! DE-FENSE!»
    Il pubblico sembra divertirsi. È Natale e la squadra di casa sta vincendo. Sono stati distribuiti berretti da Santa Claus e i bambini hanno gadget e trombette. Il “menu offerta” per la partita regala un waffel con cioccolato caldo ogni dieci dollari di consumazione. Tutti i più caramellosi jingle natalizi, anche in salsa rock, movimentano i time-out. 

In mezzo a claps, cori, musica e percussioni, Giovanni si sente come stordito. Non si accorge che Livingstone lo sta chiamando. Per fortuna il compagno di panchina lo riporta alla realtà con uno scossone. Allora gli arriva la voce stridula del coach: «Tyron! Muovi il culo e vieni qui!»
Come un gatto colpito dalla fionda di un ragazzetto dispettoso, Gio si precipita di fronte all’allenatore. «È il tuo momento. Preparati ad entrare al posto di Jack!» Seguono le indicazioni del coach, urlate nell’orecchio e condite da numerosi sputacchi: «Non cagarti sotto adesso! Pensa solo a smarcarti e a ricevere palla. I ragazzi sanno come fare. Al primo tiro che sbagli ti rimetto in panchina! Mostrami le tue palle italiane, adesso!»
Vuoi per il frastuono dei tifosi, vuoi per la velocità del parlato americano, vuoi per l’emozione, Gio capisce ben poco di queste parole. Però gli arrivano chiare e distinte le ultime esortazioni: «Show me your italian balls, now!»
I ragazzi in panchina ghignano sarcastici, quasi con aria di sberleffo. Mentre si sbarazza con un solo colpo dei pantaloni a strappo della tuta e si leva la maglia a manica lunga, gettandoli all’assistente, Gio si avvicina di corsa al banco della giuria, in attesa di entrare in campo. Fa un po’ di stretching ed osserva il tabellone centrale: restano 7 minuti e 12 secondi alla fine dell’ultimo quarto e la sua squadra è sotto di 16 lunghezze.


Mentre il gioco si ferma per un fallo sanzionato da due tiri liberi, una forte sirena risuona nel palazzetto ed annuncia il cambio. Jack Williams esce dal campo e lascia il posto a Gio battendogli un cinque: «Buona fortuna, amico».
L’entrata della matricola, nell’indifferenza del pubblico, è ripresa dalle telecamere e trasmessa sul megaschermo centrale del palazzetto, in diretta nazionale e mondiale: milioni di persone sono testimoni inconsapevoli di un nuovo debutto in NBA.
Non appena le sue scarpe toccano il parquet lucido del campo, il frastuono della folla scompare d’improvviso. Giovanni cerca la concentrazione dentro di sé. Sa che deve sfruttare il suo momento. Mentre il giocatore avversario esegue il secondo tiro libero, Jerry Vince, il playmaker della squadra, gli si avvicina: «Cerca di stare smarcato e ti servirò. Potrebbe essere in qualsiasi momento, anche quando sono in area, ok?»
 
Come andrà l'esordio di Giovanni in NBA?

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lunedì 12 ottobre 2015

Un duello tra Colossi




DAL CAPITOLO 11 "TRASFERTA A EST"


Immaginate le due torri di un castello. Due torri che si muovono, corrono e si spaccano l’una contro l’altra. Immaginate il fragore. Immaginate Mike Smithson, 2,05 metri, contro Jason Bolder, 2,07 metri. I contatti tra i loro corpi mastodontici sono micidiali e se le danno di santa ragione. Giovanni, dalla panchina, sente anche quello che si dicono.
«Allora, come sta quella troia di tua moglie?»
«Me la sbatto tutti i giorni insieme a tua madre.»
«Dimmi, se lo ricorda com’è fatto un vero uomo?»
«Lo vedrà stasera, dopo che ti avrò rotto il culo.»
Le telecamere non fanno che puntare i due avversari. Continue statistiche li mettono a confronto. Quasi al termine del secondo quarto, Jason sta a 14 punti e 8 rimbalzi, Mike invece è già in ‘doppia doppia’, con 13 punti e 10 rimbalzi. Questa sfida lo esalta.
Lottano per la palla come bestie feroci. Ad ogni possesso si spingono, si graffiano, si allacciano con le braccia stringendosi in morse strette. In un taglia-fuori, per conquistare spazio a rimbalzo, Jason spinge l’avversario a terra. L’arbitro fischia il fallo. Mike, sentendosi umiliato, al limite della sopportazione, si rialza accecato dalla rabbia. Si dirige a passi decisi verso Bolder. In quel momento è una macchina assetata di sangue. Ogni ostacolo tra lui ed il suo nemico deve essere annullato. Jason gli fa segno di avvicinarsi, lo attende a petto gonfio e mento alto. L’arbitro si mette tra i due, Mike lo spinge via. L’ufficiale di gara inciampa e cade. Bolder afferra Mike per il collo, e quasi gli tira un pugno in faccia. È rissa. Le panchine entrano in campo. Il pubblico va in delirio. Chiunque cerchi di separare i due finisce a terra. Un giocatore di Boston si prende una gomitata in bocca. Il suo sangue schizza sul parquet. Solo l’intervento di Carolina Walk risulta decisivo per dividerli.
La decisione arbitraria è irrevocabile: i due giocatori sono immediatamente espulsi. Seguiranno giorni di squalifica. Accompagnano Mike fuori dal campo, sotto i fischi del Garden. Scott Bridge, assistant coach, ha una mano sulla sua spalla. «Portateci in palestra» - dice al servizio di sicurezza - «altrimenti questo vi demolisce lo spogliatoio.»
Mike ha bisogno di sfogarsi su un sacco da boxe.
Intanto, la sirena dell’intervallo lungo ferma il punteggio 49 a 43 per Boston. Livingstone pensa ad una tattica diversiva, mentre parla ai ragazzi...

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venerdì 9 ottobre 2015








Occhi smeraldo al campetto cittadino



DAL CAPITOLO 3 "CELEBRITA' LOCALE"


Gio schiaccia il cinque ai ragazzi e raggiunge Laura che lo aspetta nel parco, sotto i larghi tigli. Si tormenta le punte dei capelli con le dita. Ha capelli neri e lisci come una sposa orientale. Il verde di tutto il parco attorno non vale un centesimo dello smeraldo intenso e magnetico dei suoi occhi.

«Gio sei davvero bravo…molto più di quanto immaginassi!»
«Grazie! Non mi aspettavo di trovarti qui.»
Laura ha un attimo d’esitazione, poi chiede: «Come ci riesci? Come li segni tutti quei canestri?»
«Non lo so, davvero. È una cosa che mi succede e che non so spiegare.»
«Una cosa fenomenale», aggiunge Laura con un filo di voce.
C’è qualcosa di strano in lei. Non è vivace come suo solito, appare piuttosto riflessiva. Ha lo sguardo rivolto verso terra, come assorta in un fiume di pensieri. La sua pelle è bianchissima, ha un vestitino nero. Smalto nero sulle unghie. Le dita contorte in una morsa.
«C’è qualcosa che non va Laura? Ti vedo strana.»
«No, niente. Mi accompagni a casa?»

Ma un “niente” detto a mezza voce da una donna è sempre il riflesso di un pensiero che l’affligge. Una presunta tragedia che forse non avverrà mai.



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martedì 6 ottobre 2015

Livingstone, il coach della follia





DAL CAPITOLO 18 "TRAINING HELL"


La squadra, seduta attorno al cerchio di centro campo, sembra riunita come una tribù indiana. Per la prima volta, dopo una settimana, i ragazzi si guardano in faccia e percepiscono l’idea di gruppo. Con fare frenetico, Livingstone estrae diversi ritagli di giornale dalla sacca. Ne sceglie uno e comincia a leggere una parte evidenziata in giallo: «Per i Memphis Grizzlies, invece, si prospetta un’altra stagione fuori dai playoff e dalle zone alte delle classifiche.»
Ne sceglie un altro: «La squadra manca di grandi personalità ed è priva di elementi determinanti.»
«Uh, aspettate, questo è il migliore», dice spiegazzando la pagina di una rivista. «Soltanto un allenatore come Livingstone può costruire una squadra attorno ad una stella in declino, un centro privo di ogni esperienza ed un playmaker che non vede l’ora di fare le valigie e andarsene da Memphis.»
« Cosa ne pensate? È l’estratto di un’intervista a coach Mark Bittner, un mio ex compagno di college. Davvero un amico.»
Livingstone passeggia attorno al cerchio dei giocatori e li guarda tutti negli occhi. «L’analisi è impietosa ma corretta, non è così?»
Mostra l’articolo a tutti.
«Volete dargli ragione? Volete che sia Mark Bittner a profetizzare il nostro futuro? Cosa volete essere? Perché sta a noi decidere, a questo punto.»
Il coach si posiziona nel mezzo del cerchio. Siede a gambe incrociate. Li fissa.
«Certo, possiamo essere una squadra senza personalità, con stelle in declino, giocatori che se ne vogliono andare, e portare avanti la stagione giusto per finirla.»
Ha occhi da lupo affamato. Quasi inquietanti per l’energia che contengono.
«Oppure possiamo essere la sorpresa del campionato. Un gruppo di bastardi talmente affiatati da fare il culo alle favorite. Se ci state, se siete con me, questo articolo lo farei rimangiare per intero a chi ci dà per spacciati.» Si alza in piedi, prende il pezzo di giornale, lo fa in quattro pezzi e lo getta al centro del cerchio. I giocatori fremono. L’orgoglio si risveglia nei loro cuori.

«Ho portato un regalo per ciascuno di voi». Dal borsone estrae dei libretti con una copertina verde. Li fa girare in modo che ognuno abbia la sua copia.
«Visto che siete un branco di analfabeti che dal college non fa altro che giocare a basket, considerato che avete passato gli anni universitari senza prendere in mano un libro, un po’ di lettura non vi farà per niente male», dice sorridendo. Il libro, un’edizione tascabile, arriva anche a Giovanni, che legge autore e titolo: Erasmo da Rotterdam, Elogio della Follia.
«Come possiamo trasformare una squadra sottostimata da tutti in un team vincente? Su questo ho le idee ben chiare. Dobbiamo partire da due principi fondamentali. Il primo è che non arriveremo da nessuna parte se prima non saremo un gruppo che si muove verso la stessa direzione, con intenti comuni e grande affiatamento.»
«Secondo punto. Ci serve un briciolo di follia. Andate tutti a pagina 127. Francesino» - dice rivolgendosi a Jerry Vince - «ti dispiace leggere ad alta voce dal secondo capoverso? Alzatevi tutti in piedi, per cortesia.»
I ragazzi si alzano, mentre Jerry inizia a leggere con perfetta intonazione: «Sono due i principali ostacoli alla conoscenza delle cose: la vergogna che offusca l'animo e la paura che, alla vista del pericolo, distoglie dalle imprese. La follia libera da entrambe. Non vergognarsi mai e osare tutto: pochissimi sanno quale messi di vantaggi ne derivi.»
«Allora, qualcuno qui dentro ha paura?» esclama il coach.
«No», «Nossignore», «Non io» - rispondono a mezza voce.
«Diamine, non vi sento! Volete rispondere tutti in coro? C’è qualcuno qui che ha vergogna?»
«No!» risponde la squadra all’unisono.
«Siete pronti a mettere la follia nel vostro gioco?»
«Si!»
«Siete pronti a farvi il culo, per fare il culo a chi ci dà per morti?»
«Sì!» Il coro è sempre più forte è deciso.
«E allora cominciamo questo campionato all’insegna della follia! Uno, due, tre…»
«…Grizzlies!» - urlano i ragazzi inferociti.

venerdì 2 ottobre 2015

Un intero capitolo per la vostra lettura....


CAPITOLO 2

ALBA ROSA SU CAMPO ARANCIO





I

Lei sei del mattino, lunedì. L’alba è rosa sulla nuova settimana che sta per iniziare. Il bar del centro sta aprendo. I giornali sono in pila fuori dall’edicola. Un gatto attraversa la strada. Rondini stridule tagliano il cielo.
Il campetto, deserto e vuoto - con il sole nascente ad illuminarlo - sembra surreale. Anche se il parco è chiuso c’è un accesso segreto, una breccia nella rete dietro un palo della luce.
Giovanni è solo. Indossa una felpa blu scuro con il cappuccio tirato sulla testa e si sente come un ladro o un fuggitivo. L’erba del prato è umida e fresca. Il cancelletto del campo da basket cigola rumorosamente. Quando entra, mettendo piede sulla terra rossa, gli sembra di varcare uno spazio sacro. Ai margini ci sono bottiglie di plastica vuote e qualche foglia. Tutto è troppo silenzioso. Gio vorrebbe tornare indietro, ma non può, sente che questa cosa deve farla da solo: deve scoprire la verità, deve contare i canestri. Deve capire.
Dallo zaino estrae il pallone. Alza le maniche della felpa. Cammina, palleggia tre volte verso il canestro di nord. Si ferma al limite dell’area, inspira, carica sulle gambe, salta, rilascia. Traiettoria perfetta, attimo infinito. La palla sbatte sul secondo ferro ed entra nella retina. Sdleng! Il rumore di metallo risuona in tutto il parco. Sembra l’incasso di una slot machine. Gli uccellini volano via dai tigli circostanti.
Gio tira ancora. È vicino all’area pitturata. Tabella e canestro.
Palleggia più in là. Si gira, salta su una gamba sola cadendo indietro, tira male, fa canestro.
Va alla linea dei liberi. Respira, tira, canestro.
Tira di nuovo, canestro, sola rete.
Tira ancora. Canestro.
Corre, va al margine destro dell’area, si ferma, tira. Fa canestro.
Recupera il pallone, va all’estremità sinistra del campo. Salta, tira, fa ancora canestro.
Si mette in posizione centrale dietro la linea dei tre punti. Tiro, buona parabola, canestro.
L’intera struttura del tabellone è come uno strumento a percussione che risuona violento ad ogni colpo del pallone e riempie col suo rumore metallico tutto il verde silenzioso del parco. Il cuore di Giovanni è un tamburo che batte all’impazzata. Lui corre dietro alla palla e sente caldo. Inizia a sudare. Sta assistendo ad un miracolo e non c’è nessun testimone. Non c’è nessuna ragione. Adesso non mi fermo finché non ne sbaglio uno.


II

Indietreggia e si posiziona ad un metro dalla linea dei tre punti. Mette tutta la forza nelle braccia, salta, tira e fa canestro.
Recupera la palla, ci riprova, segna ancora.
È quasi a metà campo. Prende un po’ di rincorsa. Lancia con entrambe le mani. Tabella, ferro, canestro.
La recupera. Ci prova dal cerchio della metà campo. Mentre sta lanciando sente una fitta al braccio destro, un crampo dovuto all’eccessivo sforzo a muscoli freddi.
La palla prende il ferro e schizza via, rimbalza, rotola lontano, si ferma contro la rete.  Stavolta ha sbagliato solo a causa del crampo.
Giovanni è piegato sulle ginocchia, tutto sudato. Respira affannosamente. Non sa se urlare o piangere. Non sa se ridere o spaventarsi.
A questo punto, credo che se avessi la potenza per tirare da cento metri, potrei segnare anche da lì.
Sente che una forza invisibile lo guida nei tiri. È come se dentro sé avesse un pilota automatico che guida i suoi movimenti al momento del tiro e genera lanci perfetti. Per quanto i suoi fondamentali del basket siano primitivi, per nulla fluidi o studiati, la palla riceve sempre il giusto impulso per entrare in rete. Si sente come posseduto da un demone.
Il cuore batte irregolare, non solo a causa dello sforzo fisico. Il sudore sulla sua fronte è un freddo distillato di panico. Gio ora intuisce cosa si prova ad essere un dio. Si sente come un supereroe dopo la manifestazione del suo superpotere. Tutto è chiaro: ha un dono speciale. Le gambe gli tremano ed un urlo fortissimo gli resta imprigionato nella gola, come se avesse scoperto di aver vinto alla lotteria milionaria, senza aver ancora realizzato come e quanto la sua vita cambierà per questo.
Recupera il pallone e riprende a palleggiare. Il dolore al braccio sta diminuendo.







III

«Ma voi ragazzacci della minchia dovete venire qui anche alla mattina? Chi ti ha aperto?» sbraita Alfredo, il custode che gestisce anche il baretto all’interno del parco.
«Che cazzo di esigenza vi prende di venire a giocare a quest’ora?» continua il sorvegliante sciancato, che zoppica verso il campetto con fare minaccioso.
«Scusa Alfredo, ci sono solo io, stamattina non riuscivo a dormire», risponde Gio.
«E fatti una sega se non riesci a dormire! Non puoi entrare qui come cazzo vuoi, lo capisci ragazzo?»
«Adesso me ne vado. Anzi…stai aprendo il bar?» L’intuizione di Giovanni è fulminea.
«Si, adesso apro, perché?»
«Senti, la vuoi fare una scommessa?»
«Io? E su cosa diavolo dovrei scommettere?» Alfredo ha già drizzato le orecchie. Alla parola “scommessa” un riflesso condizionato gli porta la bava alla bocca. Lui ci spende mezzo del suo stipendio nelle scommesse sportive e passa tutto il giorno a controllare i risultati dei campionati di calcio sudamericani, australiani e di chissà quale improbabile gara sportiva mondiale. Il suo sogno è quello di aprire un nuovo bar che sia anche centro di scommesse sportive. In attesa della sua vincita milionaria.
«È molto semplice. Se faccio canestro da qui mi offri cappuccio, brioche e succo d’arancia.» Gio è fermo a metà campo.
Alfredo aggrotta le ciglia e tira su col naso. «E se sbagli, ragazzino, com’è facile che sia?»
«In tal caso mi sbatti fuori e ti do queste venti euro». Gio estrae dalla tasca dei pantaloni l’azzurrognola banconota.
Alfredo pensa già a come scommettere quei venti euro sull’estrazione delle squadre di Coppa Italia. «Va bene. Siamo d’accordo, pazzoide! Tira e levati dai coglioni.»
Stai a vedere sciancato, e scalda la macchina del caffè! - pensa Gio.
Respira a fondo. Si stiracchia, allarga le braccia e le alza sopra la testa per due volte, sente il braccio destro ancora indolenzito. Prende la rincorsa dall’area del canestro di sud e, non appena entra nel cerchio di metà campo, fa un salto e lancia la sfera a spicchi, che vola alta nel cielo rosa ormai azzurro, ricade, sbatte contro i due ferri e s’infila disciplinata a canestro. Alfredo resta a bocca aperta circa tre secondi.
«Oggi è il tuo giorno fortunato, brutto figlio di puttana!»
«A proposito. La brioche la voglio vuota e sul cappuccio mi spolveri un po’ di cacao, ok?»

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