venerdì 4 dicembre 2015


Capodanno a Miami Beach



DAL CAPITOLO 11 "TRASFERTA A EST" 

Miami, Florida, mercoledì 31 dicembre
 
«Tachipirina, please.»
«Tachi…whaaat?»
Sono partiti che a Boston c’era una bufera di neve, con cappelli di lana, sciarpe e giacconi pesanti. Atterrati ad Orlando, in Florida, dopo tre ore di volo, hanno trovato un clima quasi estivo con temperatura sopra i venti gradi. A Miami fa ancora più caldo.
Giovanni sta malissimo, lo sbalzo termico l’ha ucciso. Sente brividi in tutto il corpo ed ha trentotto di febbre. Vuole giocare a tutti i costi. Rinunciare a scendere in campo, ora, potrebbe farlo uscire dalle rotazioni del coach. Non può stare in panchina proprio ora che le sue prestazioni stanno lasciando tutti a bocca aperta. La sfida contro Miami è cruciale.
Sono già all’American Airlines Arena per il riscaldamento pre-partita. Gio chiede di poter vedere il medico. In nessun caso rinuncerà a scendere in campo. Gli chiede una tachipirina.
«Tachi…whaaat?»
«Una tachipirina. Non ce l’avete qui in America?»
«Tu dimmi che problema hai. Alle medicine ci penso io», dice il medico.
«Ho febbre a 38 e male alle ossa. Dev’essere stato lo sbalzo di temperatura. Ma stasera devo giocare.»
«Non preoccuparti, adesso ti faccio un’iniezione e tra mezz’ora ti sentirai meglio.»
Un’ora dopo Giovanni è pronto a scendere in campo con il quintetto base. Non sa cosa gli abbiano sparato nelle vene, ma sente energia e adrenalina pompare dal cuore. Deve farla pagare ai Miami Heat, che l’hanno illuso e poi snobbato ai Draft. Vuole dimostrare cosa si sono persi.
Schierato in campo, vede il centro Raul Rodriguez, il gorillone che aveva fatto il provino con lui ed era stato scelto al primo turno. Si rivolge a Mike: «Lo vedi quel bestione? Se ti riesce dagli un bella gomitata in faccia.»
«Spiacente John», risponde l’amico. «Ho già avuto fortuna ad avere una sola giornata di squalifica e cinquantamila dollari di multa. Mi conviene stare buono per un po’.»
In campo Giovanni è scattante e lucido. Ha finalmente trovato la sua dimensione negli schemi d’attacco. Quando Madison Stanley è raddoppiato in difesa e non ha alternative, il cecchino italiano è l’ottima soluzione per un ribaltamento di campo. Non deve far altro che smarcarsi con uno scatto ed aspettare dietro la linea dei tre punti. Ha un rilascio ed un tiro incredibili: non appena riceve palla è subito in salto per tirare. La tripla è garantita. Mike Smithson è la sua guardia del corpo dentro e fuori dal campo. Giocano in perfetta simbiosi: i suoi blocchi gli permettono di smarcarsi dai difensori più fastidiosi, raggiungere la posizione ottimale e tirare in tranquillità. Ecco perché, grazie alle spettacolari giocate di Stanley, la precisione di Giovanni, la forte presenza sotto canestro di Walk e il gioco duro di Smithson, l’attacco di Memphis è diventato una macchina macina-punti.
La partita arriva all’ultimo quarto in sostanziale equilibrio. L’ultimo possesso è determinante per i Grizzlies, che sono sotto di 2 lunghezze. Mancano 10 secondi. Vince passa a Stanley. Blocco di Walk per lui. Madison cerca di penetrare a canestro ma ha due difensori in avvicinamento. Meno 5 secondi. La palla torna a Jerry, poi di nuovo a Madison, che non ha spiragli. Meno 3 secondi. Palleggia. C’è una sola via d’uscita. Ribalta a tutto campo verso Gio, che riceve a sinistra. Può tentare la tripla. Il difensore corre disperatamente verso di lui. Meno 1 secondo. Quando la palla è già lontana dalle sue mani, al punto più alto della sua parabola, il cronometro si azzera e la luce del tabellone si accende di rosso. La sirena suona il giudizio finale. È un buzzer beater, un canestro decisivo allo scadere del tempo, l’occasione più eccitante per un giocatore di basket e per i suoi tifosi. Giovanni si ritrova tutti i compagni addosso. Il suo successo è consacrato. Il loro rispetto è conquistato.
Più tardi, in conferenza stampa, Jerry Marianucci, presidente dei Miami Heat, dichiara con risentita sincerità: «Non c’è stato nessun errore tattico da parte della squadra. Il nostro unico grande errore è stato quello di non scegliere John Tyron allo scorso Draft, quando ne abbiamo avuto la concreta possibilità.»





Bisogna festeggiare. Non solo perché hanno battuto gli Heat, ma anche perché è l’ultima notte dell’anno. Due pullmini con vetri oscurati li passano a prendere direttamente all’American Airlines Arena. Parte una spedizione punitiva, e Jerry Vince è il condottiero. «Adesso vi porto io nel locale giusto», dice tutto orgoglioso.
La mezzanotte li sorprende in strada. Le vie straripano di gente che fa festa. Il clima è quasi carnevalesco. “Capodanno a Miami Beach. Roba da non crederci” scrive Gio a Simone, che nella lontana realtà parallela italiana ha già finito i festeggiamenti e riaccompagnato a casa Laura.
Il Sex On The Beach, uno tra i più esclusivi locali di Miami, li accoglie come si deve. Hanno un accesso diretto al locale e sono scortati dentro da bestioni in divisa. «Se questi scoprono che siamo la squadra che stasera ha stracciato gli Heat ci sbattono fuori», commenta timoroso Jack Williams, il texano con la cresta da moicano.
«Credo che sappiano perfettamente chi siamo, Jack», risponde Mark Gordon.
L’interno del locale è concepito in stile ‘spiaggia sull’oceano’, con la sabbia sotto i piedi, palme dappertutto, cocktail tropicali. La musica è assordante. La pista da ballo è piena rasa di ragazzi con camicie aperte che si dimenano davanti a bellezze che si strusciano provocanti. Un’intera area VIP è riservata ai Grizzlies. Due guardie del corpo con auricolari sorvegliano l’accesso ai loro divanetti. Sembrano bassi e minuti di fronte a Big Caro e Big Mike. Arrivano delle cameriere in bikini che portano bottiglie di champagne in cestelli del ghiaccio. «Ragazzi, stasera si festeggia con l’ambrosia della mia adorata Francia. Dom Pérignon per tutti! Accomodatevi, ma disponetevi in griglia, come ai tiri liberi. Lasciate spazio fra di voi», dice premurandosi che tra ogni compagno ci sia un posto vuoto.
«Che diavolo vuoi combinare, testa matta d’un francese?» si lamenta Stanley.
«Adesso state a vedere cos’altro ho preparato per voi», e batte le mani due volte come un maître d’altri tempi. Al segnale, una dozzina di ragazze fa il suo ingresso nel privè. Brune, bionde, rosse, magre, formose, bianche come avorio, mulatte, nere d’Africa, tutte bellissime: si siedono negli spazi tra un giocatore e l’altro, accavallano le gambe tornite e perfettamente lisce, si muovono in una nuvola di dolce profumo ed hanno sorrisi seducenti.
«Ora sì che facciamo festa!» esclama Jack mentre stappa una bottiglia di costoso champagne, spruzzando gli amici e soprattutto le ragazze, che ridono squittendo come graziosi animaletti. 
L’adrenalina della partita, l’euforia per la vittoria, la follia della festa, la compagnia di femmine lascive e disponibili, l’ebbrezza dell’ennesima coppa trangugiata a goccia: tutto inebria Giovanni, che si sente sul monte Olimpo. Così devono divertirsi gli dei, lassù nel cielo.
Il tempo si dilata all’infinito. Gli sembra che la notte possa durare per sempre e che i minuti scorrano come secoli. Una pazzia collettiva si è impossessata dei giocatori, che fino a due ore prima stillavano sudore sul campo. Sono giovani, famosi, nella piena forma dei loro corpi statuari, vincenti, acclamati, ammirati da platee infinite. Sono a Miami. Devono afferrare ciò che la vita può offrire. La musica pompa nelle loro teste confuse. Vogliono bere il succo della vita, che sa di fica e champagne. Gio si guarda intorno. Qualcuno è sceso in pista a ballare. Jerry ha una rossa sottobraccio e con lei beve dalla bottiglia. Jack si bacia con una biondina tutta elettrica. Una tetta bianca e morbida come una mozzarella affiora dal top. Mike ha una principessa nubiana sulle gambe. Sta a cavalcioni su di lui ed ha cosce enormi. Gli slip sono rossi. Non vede l’amico in viso, ma le sue mani gigantesche si muovono con maestria sotto la minigonna. Stanley sembra l’unico a non aver perso il controllo. Se ne sta lì con un giovane compagno di squadra, sorseggia dal suo bicchiere, gesticola, tutto preso da quello che sta spiegando, come se nulla stesse accadendo attorno a lui.
«Ciao, come va?» Una ragazza prende posto accanto a Giovanni. Ha un succinto corpetto fatto di brillantini, due bocce sode come marmo e lunghi capelli neri e lisci.
«Mi hanno detto che sei italiano. Sai, mio padre è spagnolo.»
Più in là, Jerry lo vede e gli fa l’occhiolino, accompagnato da un gesto più che esplicito.
Lei continua: «Mi piacerebbe molto vedere la Spagna, un giorno. Vorrei visitare anche l’Italia. Dicono che…»
La tipa ha appoggiato una mano sulla sua gamba. Il suo viso è a pochi centimetri. Ha labbra morbide e lucide. Un profumo intenso e fresco. Occhi azzurri, bellissimi. Molto meno profondi di quelli di Laura.
«Sai, tu mi ricordi una persona…» la interrompe Giovanni biascicando le parole. È ubriaco. All’improvviso si sente stanco.
«…una persona che ora è molto lontana. Scusa, devo prendere un po’ d’aria.»
Si alza dal divanetto. Esce dalla zona VIP, attraversa l’ampia sala da ballo e corre verso l’entrata principale. Il caldo lo opprime. Prende spallate da buzzurri latino americani tutti sudati. Corre fuori. Respira l’aria della notte.
Com’è strano. Sento che la febbre mi sta tornando.

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Omaggio al campione





Dal Capitolo 12 "Tyron - Mania"

La figura di Madison Stanley è chiaramente ispirata al grande Kobe Bryant.


"Arrivato a trentaquattro anni, con un ginocchio fragile come vetro, tutti lo giudicavano un campione mancato, ormai in declino, incapace di tornare ai vertici. Ed invece, come vedi anche tu, Madison non si è dato per vinto. Quest’anno sembra essere tornato alla sua forma migliore. Tutto ciò è merito solo della sua volontà d’acciaio e tutti noi lo ammiriamo per questo. Stanley è il primo ad arrivare in palestra. Quando abbiamo una partita, lui si fa portare sul campo almeno cinque ore prima, per allenarsi. Se una notte non riesci a dormire, John, prendi la macchina e fatti un giro qui. Troverai accese le luci della palestra e, se vai a vedere, troverai Madison che fa un tiro dietro l’altro. Stanley ha dedicato la sua vita alla pallacanestro e non ha intenzione di mollare. D’estate non fa le vacanze a Miami o alle Hawaii. Passa i giorni a migliorarsi, a lavorare sul suo fisico, portandolo oltre le sue capacità e superando i suoi limiti. Per lui funziona così da quando è nato, capisci? Fa mille tiri al giorno da quando ha nove anni. La sua è pura dedizione alla palla arancione, amico mio. Finché avrà vita, lotterà con tutte le sue forze per mettersi quel dannato anello al dito. Ora, forse, puoi capire perché si sente in diritto di giudicare chi ha avuto più fortuna di lui o chi non condivide il suo spirito di sacrificio".

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sabato 28 novembre 2015


L'ultimo canestro




L'INCIPIT DEL ROMANZO


Ultimo quarto, ultimo tiro. Mancano tre secondi alla fine. Ti arriva la palla, una consegna urgente, salda nelle tue mani. Sei dietro la linea dei tre punti. Puoi vincere la partita solo se metti la tripla. Il pubblico è tutto in piedi. Diciottomila individui urlanti all’improvviso trattengono il fiato. Il delirio si trasforma in silenzio. Sei smarcato, puoi tirare. Devi tirare e lo sai. Tutto svanisce davanti ai tuoi occhi. La mente si svuota. Gli schemi di gioco, le posizioni dei compagni, gli avversari, gli spalti, l’arena, i pensieri, le paure. Tutto scompare in un istante lunghissimo. Non c’è più nessuno. È una sfida individuale. Sei solo tu contro il cerchio rosso del canestro. I muscoli sanno cosa devono fare. Il movimento è istintivo, automatico. Ti stai giocando la partita, il campionato, la carriera, i sogni, la reputazione, la storia, la vita. Ma la mente è astratta. Il destino è nelle tue mani sotto forma di una sfera arancione a spicchi. La mente è concentrata. Tutto svanisce. Carichi le gambe. Nei tuoi occhi c’è solo la traiettoria del pallone. Impressionante silenzio. Fai un respiro, imposti il tiro. Le braccia si contraggono, ogni singola terminazione nervosa delle dita sente il contatto con la palla. Abbandoni la terra. Salti. Butti fuori l’aria, lanci il pallone. Gli imprimi la giusta forza, la rotazione ideale. È la tua opera d’arte. È il tuo essere - concentrato in un movimento. Tutto è in quel tiro. Lasci la palla e qualcosa ti abbandona. Qualcosa non fa più parte di te. Una parte della tua anima se n’è andata. Ti sei lanciato nel vuoto, insieme a quel pallone. Hai scommesso. Il destino sta per compiersi. Tocchi terra, resti a guardare. Il braccio destro ancora alzato, il polso piegato dopo il rilascio del tiro. Gli occhi fissi in un istante lunghissimo. Il cronometro segna la fine. Il tabellone si illumina di rosso. La sirena lancia il suo urlo monocorde. Il giudizio finale. Tutti gli sguardi del palazzetto, della nazione, del mondo sono fissi sulla tua opera. Il tuo capolavoro o la tua rovina. Può entrare direttamente in retina con il suono netto e superbo del nylon. Può rimbalzare sul ferro, appoggiarsi spavaldamente al tabellone, carambolare e poi entrare con un violento brivido, portandoti la vittoria. Sarai osannato dal pubblico, rincorso dai tuoi compagni, portato in trionfo. Oppure il tiro può arrivare lungo, spiattellarsi sul secondo ferro, impennarsi in alto per poi atterrare direttamente nelle mani del rimbalzista avversario, che scaraventerà la palla in alto celebrando la sua irrevocabile vittoria. E tu resterai lì, sconfitto, umiliato, abbasserai la testa, le braccia, gli occhi a terra.  Il tempo è sospeso e una domanda risuona dentro di te: come andrà a finire? L’universo è in gioco per una sola ed ultima volta.
Tutti giocatori di basket vivono per questo istante. Ne hanno bisogno. Le ore di allenamento, le sessioni di tiro, i pesi, la corsa, la dieta, le trasferte, le stagioni, le statistiche, le classifiche, le strategie, gli equilibri, tutte le parole dette e non dette, le scommesse, le critiche, le pagelle, le voci, i titoli dei giornali, le copertine delle riviste, i contratti, i manager, gli accordi, gli sponsor, le urla del pubblico, il successo, il prestigio, tutto quanto è contenuto nell’istante che decide l’ultimo tiro. Il big shot, il tiro decisivo, il buzzer beater, il lancio che batte il cronometro allo scadere e regala la vittoria più bella sulla sirena. Questo è il brivido che rende unico il basket. Un’emozione che nient’altro al mondo può regalare: giocarsi la vita con un tiro da tre punti.



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martedì 17 novembre 2015

I tattoo di un giocatore NBA




DAL CAPITOLO 17 "L.A. CONNECTION"


Travis Banner si è già tolto la camicia, come se non aspettasse altro che mettere in mostra l’opera d’arte multicolore incisa sui suoi muscoli. Ogni tattoo indica una tappa della sua vita, un concetto, un’emozione. C’è la torre di Seattle, la città in cui è cresciuto in un orfanotrofio. Ci sono le parole delle canzoni che hanno segnato la sua esistenza. C’è il ritratto di Mr. Doggy, un bastardino che è stato il suo unico amico d’infanzia e di cui ha conservato una sola fotografia. Sul braccio destro svettano le alte montagne di Denver, dove ha iniziato la sua carriera NBA. Aveva tatuato anche il logo della squadra, sopra di esse, ma quando l’hanno ceduto senza preavviso, ha coperto quel disegno con l’immagine di una palla che prende fuoco. La sua passione per il basket s’è accesa ancora di più, dopo quel voltafaccia. Sulla schiena c’è una carpa Koi giapponese che risale la cascata, segno di determinazione nella riuscita di un sogno, ma le acque si confondono con il fiume Mississippi che attraversa la città di New Orleans, dove ha giocato per due anni e dove ha assistito al disastro provocato dall’uragano Katrina. Ci sono le palme di Malibu, segno del suo arrivo a Los Angeles. E poi un dragone viola che percorre tutto il suo braccio sinistro, secondo la tradizione orientale simbolo del destino, della forza e dell’equilibrio tra cielo e terra. Nella zampa destra, tre artigli stringono la sfera del desiderio, che è una palla da basket dorata che contiene il simbolo dei Lakers. Giocare nella squadra di Magic Johnson è per lui un sogno diventato realtà. Sul petto, a destra, c’è un cuore che arde in una fiamma azzurra. «La passione fredda, che nasce dalla mente. Il mio vero cuore batte a destra.» Appena sopra, il simbolo dei dollari. «Non bisogna amare altro, solo il denaro.»
Diversi teschi, disseminati qua e là, gli ricordano amici e fratelli morti. Qualcuno ha occhiali particolari sulle orbite, cappelli, baffi, altri sigarette o joint fra i denti, uno ha la testa infilzata da una siringa, «James, morto per eroina tre anni fa». Il collo di Travis è fatto a scaglie simili a quelle di un rettile. «Se vuoi sopravvivere in questo mondo senza pietà, devi essere viscido e a sangue freddo, come i serpenti».

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mercoledì 11 novembre 2015

Le luci di Times Square




 DAL CAPITOLO 5 "NBA DRAFT"

 Times Square, Manhattan, New York, Stati Uniti. Ore 22.37 del 25 giugno. La famiglia Tironi è riunita oltreoceano nell’incrocio più rappresentativo della Grande Mela. Giovanni li osserva attentamente e sorride. Tiene per mano Laura: ha occhi grandissimi che riflettono tutti i colori dei megaschermi. Gli dice: «È come se ci fossi già stata, qui, anche se è la prima volta.»
Guarda dove ti ho portata stasera, amore mio. Dimentica la piccola Cassano, sei con un giocatore NBA adesso - pensa Gio, sicuro di sé come non lo è mai stato in vita sua. La sua t-shirt aderente mette in rilievo muscoli asciutti e addominali ben delineati. Il vento di New York scompiglia i suoi capelli, ma non lo scalfisce.
    Il mondo gira attorno a loro, questa sera, come una telecamera, a 360 gradi. C’è anche Simone, accanto al piccolo Andrea. Le mille insegne luminose sparano i colori dell’arcobaleno sui loro volti, che hanno bocche spalancate dallo stupore. Fermi come statue, girano su sé stessi ipnotizzati da luci, flash ed immagini. Uno fissa l’enorme foto pubblicitaria di una fotomodella in lingerie, l’altro lo spot di uno spettacolo di Broadway con i suoi robot preferiti. Entrambi hanno la stessa espressione stampata sul viso, mista di meraviglia, stordimento e desiderio.
    E poi Maria ed Anselmo, vicini come non lo sono mai stati, dubbiosi quasi impauriti, esposti, fuori confine e fuori controllo. Si guardano attorno ammutoliti. Suo padre, coi calzoncini corti color cachi, le scarpe grosse da ginnastica e i calzettoni bianchi di spugna, senza saperlo si è perfettamente mimetizzato con il glorioso popolo americano.
    Famiglia Tironi riunita a Times Square, che spettacolo. Silenziosi a bocca aperta. Viene voglia di fotografarli in questo momento unico. Anselmo esprime la sua sentenza finale: «Immagina che bolletta della luce, a fine mese». E Maria annuisce, considerando la medesima cosa.
    Giovanni li accompagna in hotel che sono stremati. Andrea già dorme in groppa al fratellone. Poi si ferma all’open bar dell’hotel, con la sua ragazza ed il suo migliore amico, per raccontare, spiegare, sperare, parlare. Nella città che non dorme mai.



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sabato 31 ottobre 2015

ATTO DI FEDE

Il coach spiega al giovane talento come sarà la sua vita da giocatore professionista

 


Dal CAPITOLO 4 "SOTTO CONTRATTO"


Il coach riflette, lascia andare un sospiro. Poi inizia: «Ascolta. Lascia che ti spieghi come sarà la tua vita dopo che avrai deciso di mettere quella firma». Gio espira il fumo dai polmoni e ne ammira le volute. Poi sposta lo sguardo verso il coach.
«Non ci saranno sabati né domeniche perché tutti i giorni avrai allenamenti e partite. I tuoi amici andranno al pub a bere, tu sarai ad allenarti. I tuoi amici andranno al mare, tu sarai ad un torneo. I tuoi amici si tromberanno la ragazza, tu vedrai solo la retina del canestro. Non avrai ferie e non ci saranno altri pensieri che non siano la tua carriera. Da oggi la tua partita ed il tuo gioco coinvolgono altre persone che lavorano insieme a te e fanno affidamento sulle tue prestazioni. Sarai un giocatore di pallacanestro da quando ti sveglierai la mattina fino a quando andrai a dormire stremato alla sera, con tutti i muscoli indolenziti e la schiena rotta. Respirerai basket, mangerai basket e cagherai basket. Ogni tua azione sarà finalizzata al miglioramento delle tue prestazioni sportive. Ogni tuo pensiero, ogni tua priorità sarà assorbita dal lavoro. Un lavoro fuori dagli schemi. Non timbrerai un cartellino e non staccherai dal campo per dedicarti ad altro, nemmeno per un minuto. Avrai una missione, un obiettivo, uno scopo che assorbirà ogni fibra del tuo essere. Se non farai di tutto per migliorarti, se ti lascerai andare, se abbandonerai la sfida, sarai solo un perdente. Ci saranno giorni in cui darai il massimo e non ti muoverai di un millimetro. Pioveranno critiche, delusioni, frustrazioni, ci saranno partite, coppe e campionati persi all’ultimo tiro. Ti daranno del fallito centinaia di volte, ma nessuno potrà scalfirti finché crederai in te stesso. Questo significa essere un professionista. Metti una firma su quel contratto e sarai come un ragazzino che entra in seminario per farsi prete. Non accetterai solo un lavoro, ma una scelta di vita durissima.»
Giovanni ha già spento la sigaretta nel posacenere. Non vede l’ora di entrare, prendere la sua stilografica dorata e mettere una sigla sul suo futuro.


Come andrà la scalata di Gio al successo?

Ebook disponibile ADESSO a 4,99 euro in tutti gli store digitali (Apple, LaFeltrinelli, Amazon, IBS).

Leggi GRATUITAMENTE le prime cinquanta pagine e scrivi un commento:
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Guarda il trailer del romanzo:
https://www.youtube.com/watch?v=mdC-XQer9T4

giovedì 22 ottobre 2015


NBA WAGS CONTEST 

Regolamento Ufficiale

 

ovvero LE GIRLS DEI GIOCATORI NBA

Con chi si accompagna l'avvenente ragazza che si mostra nel post della settimana? Indovina e vinci il nuovo eBook di "NBA L'Ultimo Canestro", il primo romanzo italiano ambientato nella National Basket Association a stelle e strisce.



REGOLAMENTO

Ogni settimana, giorno e ora imprecisate, avrai la possibilità di partecipare al contest più piccante che riguarda la NBA, seguendo le piattaforme social di "NBA L'ultimo Canestro".


Su Facebook

1. Segui la pagina facebook di Nba Ultimo Canestro (www.facebook.com/nbaultimocanestro). 
2. Indovina il nome della ragazza nella fotografia e specifica la star NBA con la quale ha avuto una relazione di tipo sentimentale, più o meno duratura (dalla scappatella al matrimonio!) Per partecipare rispondi al post. Fra tutti coloro che avranno risposto correttamente, sarà scelto un vincitore.
N.B. : chi risponde per primo NON è automaticamente il vincitore. La scelta è a completa discrezione dell'organizzatore del contest ed è insindacabile.
3. Il nome del vincitore sarà comunicato nell'arco di due o tre giorni con un apposito post. L'interessato sarà anche contattato privatamente via messaggio.
4. Se il vincitore condividerà la foto della copertina di "NBA L'Ultimo Canestro" sul diario della sua pagina personale, e risponderà al messaggio privato fornendo il suo indirizzo e-mail, potrà scegliere se ricevere una copia dell'eBook in formato .pdf o .epub


Su Twitter

1. Segui i tweet dell'account Nba Ultimo Canestro (@FabioRapizza). 
2. Indovina il nome della ragazza nella fotografia e specifica la star NBA con la quale ha avuto una relazione di tipo sentimentale, più o meno duratura (dalla scappatella al matrimonio!). Per partecipare rispondi al tweet. Fra tutti coloro che avranno risposto correttamente, sarà scelto un vincitore.
N.B. : chi risponde per primo NON è automaticamente il vincitore. La scelta è a completa discrezione dell'organizzatore del contest ed è insindacabile.
3. Il nome del vincitore sarà comunicato nell'arco di due o tre giorni con un apposito tweet. L'interessato sarà anche contattato privatamente via messaggio.
4. Se il vincitore condividerà la foto della copertina di "NBA L'Ultimo Canestro" con un tweet sul proprio account, e risponderà al messaggio privato fornendo il suo indirizzo e-mail, potrà scegliere se ricevere una copia dell'eBook in formato .pdf o .epub

N.B. L'opera "NBA Ultimo Canestro" è coperta da diritti d'autore e non può essere diffusa, citata o riprodotta senza autorizzazione dell'autore o dell'agenzia di pubblicazione. 

per ogni informazione: nbaultimocanestro@gmail.com

Siete pronti? Le donne più belle della NBA stanno arrivando...



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Leggi le prime 50 pagine ed ordina il libro in formato cartaceo:

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