Primo giorno di training camp in NBA... per Giovanni Tironi
FedEx Forum @ Memphis, Tennessee
DAL CAPITOLO 7: MEMPHIS, TENNESSEE
È la prima giornata di training camp per i Memphis Grizzlies. Gio è emozionato come un ragazzetto al primo giorno di scuola. La sera prima è stato mezz’ora al telefono con Rick, il suo agente, che si è raccomandato: «Non fare il fenomeno, ascolta quello che ti dicono e se non capisci qualcosa alza il ditino e chiedi con cortesia. Cerca di essere servizievole con i veterani della squadra, non rispondere in nessun caso e non fissare nessuno negli occhi, ci siamo intesi?»
Memphis è una dinamica cittadina che si sveglia stropicciata e beve caffè in auto. Il traffico è scorrevole e bastano meno di dieci minuti per arrivare al FedEx Forum. Un ragazzo lo saluta dalla strada. Che mi abbia riconosciuto? Che sia il mio primo tifoso a stelle e strisce?
Arrivato al palazzetto, accede automaticamente al parcheggio privato. Non è nemmeno sceso dalla macchina che una gentile hostess si fa consegnare le chiavi e gli dà il benvenuto. «Buongiorno, signor Tironi. Mi chiamo Janice e sono qui per accompagnarla nello spogliatoio della squadra. Questo badge che le consegno le servirà per aver accesso a tutte le aree, comprese le palestre, l’area benessere, la zona ristoro, la piscina. La informo che tutti questi servizi sono a sua disposizione ventiquattro ore su ventiquattro. Massaggiatore, medico e consulenza psicologica sono fruibili con un’ora di preavviso.»
«Molto bene, grazie». Giovanni è introdotto da Janice nei corridoi della modernissima e confortevole struttura.
«Il suo armadietto e la sua postazione sono il numero 12. Non abbiamo ancora riportato il suo nome sulla cabina personale ma provvederemo quanto prima. Lo staff tecnico la informa che gli allenamenti avranno inizio alle dieci nella palestra ovest. La ringrazio. Sono a sua disposizione per ogni esigenza.»
Entra negli ampi spogliatoi. È presto e non c’è ancora nessuno. Si guarda attorno: schienali in legno massiccio, asciugamani profumati, luci calde, temperatura perfetta. Sulla parete di fondo c’è un impianto video con schermo da cinquanta pollici, una lavagna per gli schemi tattici, un tabellone con i prossimi impegni della squadra, la classifica ancora neutra. Si immagina la stanza piena di giocatori mezzo vestiti e sudati, gli scherzi ed i cori di un gruppo compatto ed amichevole. Sogna la festa dei compagni attorno a lui al termine di una partita vinta in casa: «Gran bel tiro Gio!» Una scossa di adrenalina lo riporta alla realtà.
Si avvicina alla postazione assegnata. Un asciugamano piegato è sulla panca. Sotto di essa, due paia di scarpe spedite dallo sponsor come modello di prova. Appese e perfettamente stirate, la tuta e la maglia leggera da allenamento. Dietro di esse, la divisa ufficiale della squadra con il suo nome e il numero 7. Che spettacolo.
Si è già tolto le scarpe ed i pantaloni, quando sente la porta dello spogliatoio aprirsi. Passi pesanti e decisi risuonano dietro di lui. Non vuole girarsi, si sente imbarazzato: non vuole farsi vedere dai compagni per la prima volta in mutande e calzini. Un uomo è entrato e si dirige proprio verso la sua postazione. Deciso ad ignorarlo, si piega in avanti per infilarsi i calzoncini. Una gigantesca ombra gli oscura la luce della stanza ed è sempre più incombente. Le natiche di Gio finiscono a contatto con due gambe solide come un tronco di quercia. Per un riflesso istintivo torna di scatto in posizione eretta. I pantaloncini ricadono ai suoi piedi. Sente un respiro caldo sulle sue spalle. Un dito batte sulla sua clavicola e sembra polverizzarla. Si gira di scatto e resta inorridito. Un mostro sta per divorargli la faccia.
Continua domani...
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